A.C. 3491-A
Grazie, Presidente. Questo decreto costituisce un passaggio essenziale per dire che l'Italia è con i suoi storici alleati nel condannare e nel provare a fermare questa assurda guerra, che in pochi giorni ha già mostrato il suo volto più cinico e aberrante, il suo essere la più profonda e naturale stortura delle cose umane. Una guerra che non risparmia le donne e i bambini, che colpisce gli ospedali pediatrici e l'università, che prova a usare i corridoi umanitari come arma di ricatto, che mette in pericolo la sicurezza delle centrali nucleari.
Per tanto tempo ci siamo illusi che questo non sarebbe mai più tornato, quantomeno nel cuore dell'Europa, che le ragioni del dialogo e della pace, di quanto sancito dai trattati internazionali, avrebbero guidato i rapporti tra i Paesi. Siamo stati catapultati nei libri di storia della nostra giovinezza, in cui qualcuno, come ha detto il Presidente Mattarella, si comporta secondo i criteri di potenza dei secoli passati, pretendendo che gli Stati più grandi e forti abbiano il diritto di imporre le proprie scelte ai Paesi più vicini e, in caso contrario, di aggredirli con la violenza delle armi.
Davanti a tutto questo, gli italiani non sono rimasti indifferenti: ogni giorno partono al confine tra Polonia e Ucraina decine di pullman carichi di aiuti e che raccolgono i profughi per portarli in Italia. Sono viaggi organizzati dalle organizzazioni umanitarie: a guidare quei pullman ci sono sindaci, medici, parroci, semplici cittadini. Il Partito Democratico ha messo a disposizione i suoi 5 mila circoli per la logistica e per la raccolta del materiale. Il mondo cattolico, il terzo settore, le scuole, sono già fortemente impegnate per organizzare l'accoglienza. Nel volgere di pochi giorni, in Europa sono arrivate le stesse persone del biennio della crisi siriana, soprattutto donne e bambini.
Per questo va sviluppato un sistema di accoglienza che tenga conto di questa peculiarità; serve un modello diverso da quello della gestione delle politiche migratorie che abbiamo avuto fino a questo momento, sia per la tipologia delle persone, sia per numeri che ci troveremo a fronteggiare, ma anche per il fatto che bisogna tornare a sviluppare politiche per l'integrazione. Questo discorso vale soprattutto per i più piccoli, che richiedono un percorso di accompagnamento psicologico, precedente o parallelo all'inserimento nel contesto scolastico.
Presidente, tra i contenuti del decreto, è bene sottolineare: la partecipazione, fino al 30 settembre 2022, di personale militare alle iniziative della NATO per l'impiego della forza ad elevata prontezza; la prosecuzione, fino al 31 dicembre 2022, della partecipazione di personale militare al potenziamento di alcuni dispositivi (il dispositivo per la sorveglianza dello spazio aereo dell'Alleanza, il dispositivo per la sorveglianza navale nell'area sud della NATO, la presenza in Lettonia e l'air policing sullo spazio aereo dell'Alleanza); la cessione di mezzi ed equipaggiamenti militari non letali di protezione all'Ucraina a titolo gratuito; la semplificazione, fino al 31 dicembre 2022, delle procedure per gli interventi di assistenza o di cooperazione in favore dell'Ucraina, ad esclusione delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione; il potenziamento per la funzionalità e la sicurezza degli uffici del personale all'estero; il potenziamento dell'Unità di crisi del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.
Si tratta di un insieme di misure che operano su due terreni diversi: rafforzamento dei dispositivi militari della NATO nelle aree di crisi e interventi straordinari di assistenza di cooperazione in favore dell'Ucraina e del fiume di profughi, ormai misurabili a milioni, che cerca rifugio e assistenza in quasi tutti i Paesi dell'Unione europea.
Questo elenco mette in evidenza il deficit di misure militari, intese a prevenire e scoraggiare qualunque allargamento del conflitto, messe in atto dall'Unione europea. L'emergenza ci ricorda il ritardo che affligge l'Unione nell'esigenza di costituire uno strumento di difesa comune, che appare oggi, come non mai, ancora più necessario è urgente. L'Europa, nell'attivare per la prima volta la procedura per la protezione internazionale degli ucraini, ha compiuto un gesto di significato enorme; soprattutto ha mostrato grande unità, quando si è trattato di scegliere le sanzioni economiche. Forte della lezione del COVD, ha capito che dalle crisi si esce facendo avanzare le ragioni dell'unità e dell'integrazione, che in questo preciso frangente, dal mio punto di vista, porta il nome di debito comune europeo e di riforma dei trattati.
Tornando al decreto, in estrema sintesi, con questo provvedimento aumentiamo la nostra presenza nei contingenti NATO e autorizziamo l'invio di armi all'esercito ucraino. Nutro un profondo rispetto per chi ha sollevato dubbi. Anch'io, come tanti tra noi cresciuti alle scuole del pacifismo e della non violenza, ho avvertito la fatica di questa scelta; ma noi che facciamo politica siamo chiamati a confrontarci con il tempo che ci è dato vivere, come diceva Aldo Moro, un tempo che due settimane fa lasciava presagire una rapida conquista dell'Ucraina. Grazie alla valorosa resistenza Ucraina, grazie alla fermezza della posizione europea e alla dura condanna delle Nazioni Unite, le cose non sono andate come Putin aveva preventivato; ha sottovalutato la forza della democrazia, come ha detto Romano Prodi. Nel complesso possiamo dire che rapporti di forza che apparivano soverchianti hanno assunto un'altra forma. Putin è isolato a livello internazionale ed ha anche problemi in casa, come segnalano le leggi sempre più repressive contro la libertà di parola o le migliaia di arresti tra i manifestanti.
Insomma, appare sempre più urgente aprire la strada a un percorso negoziale, prima che la guerra giunga a un punto di non ritorno. I tentativi che sono stati fatti fino a questo momento hanno avuto il grave limite proprio nell'assenza di un mediatore. Come ha ricordato Piero Fassino, l'accordo di Washington tra israeliani e palestinesi aveva alle spalle la mediazione norvegese dei colloqui di Oslo e Clinton fu garante della stretta di mano tra Rabin e Arafat. Serve, quindi, che l'Unione europea - e al suo interno il Governo italiano - si attivi per individuare una figura che le parti possano sentire come autorevole e terza, in grado di garantire il rispetto dell'accordo.
Noi, Presidente, dobbiamo continuare a essere vicini all'Ucraina e lo dobbiamo fare governando i costi che questa crisi determinerà sul nostro Paese. Abbiamo apprezzato le parole di verità del Presidente del Consiglio Draghi. Dai nostri territori giungono segnali di forte preoccupazione, a cominciare da quelle attività economiche che, con l'aumento dei costi dell'energia e della carenza di materie prime, rischiano di andare fuori mercato. Serve una risposta articolata, che intrecci il lavoro di lungo termine per l'indipendenza energetica con quello di medio termine per il debito comune europeo e quello di breve per il sostegno alle famiglie e alle imprese. Tuttavia, sappiamo, come ha detto il Presidente Mattarella, che di costi ce ne possono essere ben maggiori, perché qui in ballo non ci sono solo i diritti di un Paese, ma i principi alla base della civiltà europea. “A quanto pare non sono il benvenuto al Cremlino? (…) Nessuna sanzione o intimidazione fermerà il Parlamento europeo o me dalla difesa dei diritti umani, della libertà e della democrazia. Le minacce non ci zittiranno. Come ha scritto Tolstoj, non c'è grandezza dove non c'è verità”. Sono le parole di David Sassoli, sono la cifra di un impegno che deve vederci uniti più che mai.